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Meditazioni sul Purgatorio
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24 NOVEMBRE. LE SS. MESSE GREGORIANE
Il Signore, che salva gli uomini col ministero degli uomini, vuole e desidera vivamente liberare le anime purganti per
mezzo dei suffragi dei vivi.
Egli ha dato a noi il potere di soccorrere i nostri fratelli
dolenti fra quelle fiamme per via di suffragio, ossia per mezzo di impetrazione e di soddisfazione.
La parola suffragio nella lingua della Chiesa era spesso
sinonimo di preghiera. Ma quando il Concilio di Trento definì che le anime purganti possono essere da noi aiutate coi
suffragi dei fedeli, adoperò tale parola in un senso più largo.
La parola suffragio comprende tutto quanto possiamo offrire a Dio in favore dei defunti. E noi possiamo offrire a Dio
non solo le preghiere, ma tutte le nostre opere buone in
quanto sono soddisfattorie e impetratorie.
Infatti tutte le nostre opere buone compite in grazia formano, secondo S. Francesco di Sales, la preghiera vitale. È
dessa
il complesso delle nostre opere buone offerte al Signore con retto fine.
Col nome di opere buone si intendono tutte quelle che non
sono peccati, si compiono rettamente e con fine buono.
Tale il lavoro manuale di una donna di casa, che attende
alle faccenduole domestiche; così il curare la cucina, il far la
spesa, l’educazione e la custodia dei bambini.
Così il lavoro dell’operario e dell’artigiano e del contadino, che nelle officine e nelle industrie, nei campi e nelle miniere, sui mari, per terra, in aria, compie cose in sé oneste.
Così l’ufficio intellettuale dell’artista che dipinge, riproduce, scolpisce; del medico che esercita il suo compito filantropico; dell’avvocato che attende alla sua professione; del
maestro che educa nella scuola, ecc., ecc.
È pure lavoro quello del fanciullo e dello studente; lavoro
quello del soldato che difende la patria; lavoro quello
dell’uomo d’ordine che vigila all’osservanza delle leggi.
È lavoro tanto quello che ha compito morale, che intellettuale, che materiale; in casa e fuori; di giorno e di notte; in
pubblico o in privato; collettivo o individuale.
Che, anzi: è lavoro ogni atto, anche indifferente per sé: lo
stare, il conversare, il passeggiare, il riposare, il ristorarsi,
ecc.
Per comprendere questi termini, osserviamo che ognuna
delle nostre opere, compiute in stato di grazia, d’ordinario ha
agli occhi di Dio un triplice valore.
1° È meritoria, cioè aggiunge ai nostri meriti diritto ad un
nuovo grado di gloria in Cielo.
2° È impetratoria (impetrare, ottenere), ossia ha la virtù di
ottenere da Dio qualche grazia.
3° È soddisfattoria, ossia è adatta a soddisfare alla divina
giustizia, a pagare i nostri debiti di pene temporali dinanzi a
Dio.
Il merito è inalienabile e rimane proprio della persona che
fa l’azione. Invece, il valore impetratorio e soddisfattorio
può profittare ad altri, in virtù della Comunione dei Santi.
Esposte queste nozioni, facciamo questa domanda pratica:
Quali sono i suffragi, coi quali, secondo la dottrina della
Chiesa, possiamo aiutare le anime del Purgatorio?
A questa domanda si risponde: Sono le preghiere, l’elemosine, i digiuni e qualunque penitenza, le indulgenze soprattutto ed il santo Sacrificio della Messa.
Tutte queste opere, compiute in stato di grazia, Gesù Cristo ci permette d’offrirle alla divina Maestà per il sollievo dei
nostri fratelli del Purgatorio, e Dio le applica a quelle anime
secondo le regole della sua giustizia e della sua misericordia.
La preghiera vocale
Il soccorso misericordioso che Gesù Cristo ci permette di
portare ai nostri sofferenti fratelli, a noi stessi apporta un
frutto eccellente; è un’opera vantaggiosa non soltanto pei defunti, ma santa ancora e salutare pei vivi.
La preghiera ha una grande potenza per impetrare da Dio
il perdono alle altrui colpe e per espiarle, e possiamo quindi e
dobbiamo servircene per suffragare le anime del Purgatorio.
Ed ecco perché a questa siamo esortati dalla Sacra Scrittura
stessa, che sentenzia essere cosa santa e salutare pregare per i
morti, perché siano sciolti dai loro peccati. Ecco perché la
Chiesa a questo ci stimola coi suoi esempi. Ed infatti, appena
muore un suo figliuolo, subito col suono lugubre della campana annunzia ai fedeli il suo passaggio all’altra vita, perché
preghino per lui. Manda poi il suo Sacerdote a togliere di casa la salma; la fa coprire di funebre drappo; l’asperge di acqua santa; la benedice e, portandola alla chiesa al canto di
devoti salmi, prega Iddio che non guardi all’iniquità, ma usi
grande misericordia.
Nella chiesa, poi, rinnova le sue preghiere e le sue invocazioni [per il defunto], e nel congedarlo per essere trasportato al cimitero, si volge agli Angeli, invitandoli a portare la
sua anima in seno a Dio.
Quando quel cadavere è giunto al camposanto, prima di
calarlo nella fossa rinnova ancora una volta le sue preghiere
ed ancora una volta lo asperge di acqua benedetta. Con tutto
ciò, non ha ancora finito di pregare per la sua anima, perché
ella ordina ai suoi Sacerdoti che non celebrino mai la santa
Messa senza ricordarsi in modo speciale dei trapassati e, quel
che è più, ordina questo memento dei defunti subito dopo la
Consacrazione.
Tutte le sere col suono dell’Ave Maria invita i fedeli a recitare il De profundis; e continuamente nella sua liturgia indirizza a Dio delle preghiere commoventissime per i defunti, e
vuole che in certe particolari circostanze si reciti il bell’Ufficio
dei morti, e che ogni volta si recita in pubblico od in privato
anche una breve parte, una sola ora dell’Ufficio dei santi, si
termini sempre con un pensiero ai defunti, dicendo: «E le anime dei fedeli defunti per la misericordia di Dio riposino in pace».
Questo si direbbe il ritornello di tutte le sue preghiere.
Oh! Seguiamo anche noi l’esempio e la pratica della
Chiesa. Preghiamo anche noi per i defunti durante la Messa e
recitiamo anche noi, specialmente alla sera, il De Profundis,
nel quale diciamo in sostanza al Signore: «Io grido a te, o Signore, dal profondo luogo dove mi trovo, e tu ascolta la mia
preghiera. Deh! non guardare alle mie iniquità, perché se
guardi ad esse chi potrà stare innanzi a te? Guarda solo alla
tua misericordia ed alla tua copiosa redenzione, in cui io ripongo tutta la mia speranza».
Alla recita del De profundis aggiungiamo la recita di
qualche Pater, Ave e Requiem, ed almeno di tanto in tanto, se
non tutte le sere, la recita del santo Rosario. Questa preghiera, tanto raccomandata dalla Chiesa, oltre all’essere sorgente
di tante grazie per i vivi, è pure d’un’efficacia singolarissima
per sollevare i morti.
Ad imitazione ancora della Chiesa, preghiamo per i defunti in particolari circostanze, come quando uno ha reso
l’anima a Dio, nelle cerimonie dei funerali, al terzo, settimo e
trigesimo giorno della morte ed all’anniversario; quando ci
troviamo vicino o dentro al cimitero, quando passa un accompagnamento funebre e soprattutto quando noi stessi vi
partecipiamo. Fin dai primi tempi, la Chiesa pose fra le opere
di misericordia l’accompagnare i defunti all’ultima dimora,
pregando per essi; ed a questa azione, di cui la Sacra Scrittura fa un grande elogio, vanno annesse molte indulgenze.
Quello che a loro desideriamo costituisce dei beni spirituali che Dio stesso è in qualche modo impaziente di accordar loro. Siamo pure anche certi che le anime per cui preghiamo non pongono ostacolo all’effetto delle nostre preghiere, essendo confermate in grazia e non potendo più peccare. Per questo, molti dottori affermano che la preghiera per
le anime purganti sia più efficace di quella per i peccatori.
La S. Comunione
La Comunione per i Defunti è, dopo la S. Messa, il maggiore dei suffragi. Essa infatti è il grande desiderio di Gesù,
che vuole unirsi alle anime nostre. Gesù Cristo ha istituita la
Comunione sotto forma di cibo per indicarci che, come ogni
giorno mangiamo il pane quotidiano, così ogni giorno sarebbe nostro vantaggio cibare l’anima del pane eucaristico.
Il Papa Pio X ha concesso un gran numero di indulgenze
per chi si comunica spesso e specialmente per coloro che
zelano la frequenza della Comunione.
Santa Maria Maddalena de’ Pazzi raccomandava molto
caldamente alle sue novizie di fare Comunioni per i Defunti.
Le apparve un giorno il padre defunto, e le disse: «Sono salvo, ma in Purgatorio. Per essere liberato ho ancora bisogno
di cento e sette comunioni». La Santa le fece subito e col
massimo fervore: vide poi l’anima del padre volarsene immediatamente al Cielo.
La Beata Giovanna della Croce,
francescana, ebbe una
singolare visione, mentre era a letto inferma e non poteva
comunicarsi. Vide entrare nella sua stanza un angelo che,
portando un’ostia, le ordinò di fare la Comunione in suffragio di una persona defunta, che era stata molto divota della
SS. Eucaristia.
Vi sono molte pie persone che hanno l’abitudine di fare
una comunione per settimana in suffragio dei defunti, scegliendo il lunedì od il martedì.
Un bravissimo industriale diceva: «Io non ho mai lasciato
passare una settimana senza sentire una Messa e fare la Comunione per le anime del Purgatorio da cinquant’anni: d’allora le cose di mia famiglia e della mia industria hanno
sempre prosperato».
Santa Teresa racconta nel libro delle sue Fondazioni, che
il Sig. Bernardino di Mendoza le diede una casa con giardino
e vigna per fondare un convento a Valladolid. Due mesi dopo
tale dono, prima che la fondazione avesse luogo, quel bene
fattore cadde improvvisamente ammalato, sicché non poté
confessarsi, benché desse segni certi di contrizione, e morì
mentre la Santa si trovava assai lontano. Il Signore le apparve, dicendole che il Sig. Bernardino era salvo, benché avesse
corso grave rischio di andar perduto, poiché la misericordia
divina si era estesa sopra di lui pel dono che aveva fatto del
convento; ma non sarebbe uscito dal Purgatorio, finché la
prima Messa non fosse stata celebrata nella nuova casa.
Santa Teresa sentì tanto profondamente le pene di quel
l’anima, che partì immediatamente per Valladolid. Appena la
Santa fu comunicata alla prima Messa celebratasi nella nuova casa, l’anima del benefattore le apparve tutta raggiante, e
quindi la vide salire al cielo.
Il digiuno
Sotto questo nome s’intende anzitutto il digiuno propria
mente detto, e poi tutte le opere di penitenza e di mortificazione. Anche il digiuno e tutte le altre penitenze servono assai ad
espiare il peccato: basta ricordare l’esempio dei Niniviti.
Ma poiché non tutti potranno digiunare o fare gravi peni
tenze per le loro deboli forze, riflettiamo che vi sono mille
altri mezzi per mortificarci, senza nuocere alla nostra sanità e
senza distrarci dalle abituali occupazioni. Asteniamoci, per
esempio, da qualche divertimento poco necessario, da certe
conversazioni, da certi giochi o spettacoli, che sono anche
troppo pericolosi per il buon cristiano; nei piaceri e diletti le
citi moderiamo gli affetti; qualche volta priviamoci nel pasto
di ciò che solletica solo il palato; diamo minore libertà alla
lingua, e sappiamo che tacere a tempo e reprimere la propria
voglia di parlare è fare al Signore, secondo il linguaggio del
la Scrittura, un sacrificio delle labbra; asteniamoci dal vedere
cose vane e pericolose; non porgiamo orecchio indiscreto ad
ogni discorso; tolleriamo il freddo dell’inverno, il caldo del
l’estate, le fatiche quotidiane, qualche po’ di sete, qualche
po’ di stanchezza e cose simili. Queste mortificazioni nulla
hanno di spaventevole, ma pure torneranno al Signore molto
gradite. Esigeranno, è vero, attenzione e fors’anche un po’ di
violenza; ma a misura della violenza cresce il merito.
Vi è poi un altro genere di penitenza, tanto più accetto a
Dio, in quanto viene dalla sua mano: voglio dire le afflizioni.
Se adunque il Signore ci vuole afflitti o da lunghe malattie o
da perdite improvvise di beni, dell’onore o dei parenti, abbracciamo queste croci con tutto il cuore, non mormoriamo, di
ciamo rassegnati: «Sia fatta la volontà di Dio», e ne caveremo
pure grandi tesori di meriti, per soccorrere le anime purganti.
Rimane un’altra specie di mortificazione, che ognuno può
e deve praticare. Avete voi ricevuto qualche offesa? dimenti
catela e sacrificate a Gesù il vostro risentimento: sarà questo
un atto di virtù eroica e per voi molto meritorio. Più che
piangere, dobbiamo fare del bene, altrimenti ci accadrà
quello che dice S. Bernardo: «Vediamo ogni giorno dei morti
piangere i loro morti. Molti pianti e nessun frutto»,
molto
dolore, ma poca carità e poche opere.
PRATICA: Non partiamo mai da tavola senza aver fatta almeno una piccola mortificazione di gola e di lingua.
GIACULATORIA: Eterno Divin Padre, vi offro le tre ore di Agonia di Gesù, vostro Figliuolo, per le anime sante del purgatorio.
FRUTTO
Il S. Rosario tiene uno dei primi posti tra le preghiere della Chiesa raccomandate ai fedeli; questa eccellente preghiera, sorgente di tante grazie per i vivi, è altresì in modo singolare efficace pel sollievo dei morti.
Ne abbiamo una prova parlante nella vita del Padre Nieremberg.
Quel caritatevole servo di Dio, per sollevare le anime del
Purgatorio, s’imponeva frequenti mortificazioni accompagnate da
preghiere. Mai mancava di recitare ogni giorno il Rosario secondo
la loro intenzione e di guadagnare per esse quante più indulgenze
poteva; divozione alla quale invitò i fedeli in un’opera speciale
pubblicata su questa materia.
Dopo il Santo Rosario parliamo della Via Crucis. Questo pio
esercizio può essere considerato in se stesso e nelle indulgenze
delle quali è arricchito. In se stesso è un’eccellente maniera di meditare la Passione del Salvatore, e perciò uno degli esercizi più salutari di nostra santa religione. Le indulgenze poi sono le seguenti: Tutti i fedeli che, o singolarmente o in comitiva, almeno col cuore contrito, faranno il pio esercizio della Via Crucis, legittimamente eretta, possono guadagnare:
1° un’indulgenza plenaria “toties quoties”,se compiranno il pio esercizio;
2° un’altra indulgenza plenariase si comunicheranno in quel
medesimo giorno in cui fanno il pio esercizio, o anche solo nel mese, se l’avranno compiuto dieci volte;
3° Indulgenza parzialedi dieci anni e altrettante quarantene,
per ogni singola stazione, se a caso per qualsiasi ragione non abbiano potuto finire il pio esercizio. – Queste stesse indulgenze
vuole il Santo Padre che siano estese a quelle persone impossibilitate (infermi, naviganti, carcerati, ecc.) che, per decreto 8 agosto
1859, possono compierlo solo nella forma stabilita da Clemente
XIV, con la recita di 20 Pater, Ave e Gloria in memoria della Di
vina Passione, e tenendo in mano un Crocifisso di materia non fragile, benedetto allo scopo stesso da chi ne ha facoltà;
4° a quegli infermi così gravi che appena possono baciare o
guardare tale Crocifisso, e recitarequalche pia giaculatoria in memoria della Passione e Morte di Nostro Signor Gesù Cristo, come
concede il Decreto 25 marzo 1931. E con questo in più, che se per
giusta causa non possano recitare tutti i prescritti Pater, Ave e Gloria, per ottenere l’indulgenza plenaria, guadagnino però per ogni
singolo Pater, Ave e Gloria i dieci anni e altrettante quarantene
d’indulgenza parziale; e se poi l’infermo è così grave che possa
solo o baciare o guardare il Crocifisso ad hoc benedetto, non sia
privo dell’Indulgenza plenaria, anche se non gli riesce aggiungere
la giaculatoria prescritta.
Per guadagnare veramente le Indulgenze concesse dal Papa per
l’esercizio della Via Crucis, non basta farla dovunque e comunque,
ma deve farsi secondo le prescrizioni della Chiesa. E per questo:
1° Nelle Stazioni, che sono 14, sono necessarie e indispensabili le croci, e queste di legno e visibili, alle quali soltanto sono annesse le indulgenze.
2° L’erezione della Via Crucis, nelle chiese, o nelle cappelle, deve farsi canonicamente, cioè da chi ne ha facoltà e con le preghiere e cerimonie date dal Rituale Romano.
3° Chi fa la Via Crucis, deve fare due cose:
a) la meditazione sulla Passione di Gesù;
b) il moto locale, passando realmente da una stazione all’altra.
Quando, però, la Via Crucis si fa da molti insieme, siccome allora
il moto da una Stazione all’altra porterebbe confusione e disordine,
basta che muova chi fa da capo – sia un Sacerdote o una pia perso
na qualunque – e gli altri, stando al proprio posto, voltarsi possibilmente verso la Stazione che si considera.
Quanto a preghiere, pur essendo bellissime e commendabili
quelle che ordinariamente si recitano ad ogni Stazione: Adoramus,
Te, Christe, etc., Pater, Ave, Gloria, Miserere, ecc., perché posso
no servire mirabilmente ad eccitare nei fedeli sentimenti di dolore
dei propri peccati, che furono causa dei patimenti di Gesù, non so
no però necessarie per acquistare le indulgenze, come dichiarò la
S. Congregazione il 3 Aprile 1731, e quindi potrebbe farsi benissimo la Via Crucis, con molto frutto per l’anima e con tutte le indulgenze, senza neppure aprir bocca a pregare. Però se si prega è
meglio.
Notiamo la concessione del S. Padre Pio XI a favore degl’infermi: «Gli infermi, i quali non possono, senza grave incomodo o difficoltà, fare la Via Crucis, né come si fa ordinariamente (visitando
le 14 Stazioni) e neppure nel modo stabilito da Papa Clemente XIV
(recitando cioè 20 Pater, Ave e Gloria) possono acquistare tutte e
singole le indulgenze annesse a tale pio Esercizio, o baciando od
anche solo guardando, con affetto e cuore contrito, un Crocifisso
per questo debitamente benedetto, presentato loro o dal Sacerdote
o da qualche pia persona, e recitando qualche breve preghiera o
giaculatoria, in memoria della Passione e Morte di N. S. Gesù Cristo».
Per i nostri defunti. Del Beato Giacomo Alberione